|
Riti e Manifestazioni a Gallipoli
|
|
Il Carnevale
di Gallipoli |
|
|
|
Carnevale e "Lu Tidoru"
Testo di Elio Pindinelli |
Antichissima
è la tradizione carnascialesca in Gallipoli
e documentata, oltre che in atti e documenti settecenteschi,
da radici folcloristiche che affondano le origini in
epoca medioevale, tramandate fino a noi con una aderenza
sostanziale all'originario spirito popolare, che ne fu
l'anima e il propagatore esclusivo.
Tradizione che non ha mancato di suscitare l'interesse
di studiosi italiani e stranieri che, in passate e recenti
indagini, hanno voluto sottolineare come essa sopravvive
in Gallipoli in termini di espressività popolare
codificata attraverso usi comportamentali ininterrotti
nonostante il trascorso plurisecolare della storia cittadina.
Da sempre infatti il popolo gallipolino pratica, quasi
con ostentata teatralità, eppure con convinta partecipazione
e con gaia esuberanza, la parentesi carnevalesca, che
lega, forse inconsapevolmente, a trascorsi paganeggianti.
Non a caso ne scandisce la sequenza temporale con riferimenti
a credenze e a pratiche precristiane, quale significativamente
rappresenta il rito propiziatorio del fuoco, col
quale il gallipolino suole iniziare il Carnevale, il
17 gennaio, col bruciare all'aperto sulle pubbliche
piazze cataste enormi di ramaglie d'ulivo.
E'
il rito delle "Focareddhe" che, dedicate al
patrono cristiano del fuoco, S. Antonio Abate, si accendono
nei cento crocicchi della città.
Al primo riverbero delle fiamme viene lanciato il segnale
al suono del saraceno tamburello per l'apertura delle
procaci danze, cadenzate al ritmo della "pizzaca"
e accompagnate da salaci commenti e da frizzanti lazzi,
con euforia popolaresca indirizzati verso le giovani verso
le giovani coppie.
Il Carnevale era ed è vissuto ancora in continua
osmosi tra paganesimo e cristianesimo, tra fervore naturalistico
e religiosità popolare intensamente vissuta.
Non a caso la maschera tradizionale del popolo
è "lu Tidoru", Teodoro.
Narra la tradizione che Teodoro, un giovane soldato gallipolino,
fosse stato trattenuto, con grande dolore della madre
sua, lontano dalla sua terra pur coltivando la grande
speranza di poter ritornare alla sua casa prima della
fine del Carnevale, nel periodo cioè in cui tutti
potevano godere dell'abbondanza del cibo e delle carni
prima dell'avvento della Quaresima che la Chiesa destinava
alla penitenza e all'astinenza.
Ed in questo senso erano state rivolte a Dio le preghiere
della madre sua, la "Caremma", che, per tanto
supplicare aveva ottenuto una proroga di due giorni ("i
giurni te la vecchia") al periodo stabilito, affinché
suo figlio potesse partecipare di tanta abbondanza.
Il martedì successivo Teodoro ritornato finalmente
in patria si tuffa nel turbinio frenetico dei balli e
delle gozzoviglie cercando incontenibile di recuperare
tutto il tempo inutilmente perduto.
Racconta il popolo immaginifico che Teodoro consumasse,
in quel tragico martedì grasso, quintali si salsicce
e polpette di maiale ingozzandosi alla fine tanto
da rimanerne strozzato.
|
|
Con
Teodoro moriva anche il Carnevale, la crapula, i piaceri
terreni e a nulla valevano i gemiti di dolore ed i disperati
pianti intorno alla bara, che oggi è rievocata portando
in giro per la città disteso morto su di un carro
un pupo, spesso di paglia e pianto da prefiche scarmigliate,
urlanti frizzanti lazzi popolareschi, giacché il
popolo ravveduto dall'insegnamento cristiano, radunato ai
piedi del quattrocentesco campanile francescano, nel borgo
antico, attendeva, alla fine, lo scoccare della mezzanotte
per attestare, in ginocchio ed a capo scoperto, la propria
compunzione, nella vissuta consapevolezza della labilità
della vita umana e nella speranza di un perdono divino,
propiziato mercé della penitenza canonica che iniziata
all'alba del mercoledì delle ceneri si protraeva
per i 40 lunghi giorni della Quaresima cristiana.
Ciclo inarrestabile tra euforia e depressione, tra laicismo
e religiosità, spia di una eterna condizione esistenziale
ed umana altalenante tra un vissuto spesso consumato nella
drammatica aspirazione al vivibile terreno e la tragica
consapevolezza umana della sicura morte. E il Carnevale
rappresentava così per il gallipolino il momento
dell'euforia.
Impazzava allora per le vie del borgo antico prima di trasmigrare
nel borgo nuovo, con i mille travestimenti realizzati con
i poveri panni ma anche con preziose seterie, in un generale
coinvolgimento di tutti i ceti sociali dando vita a cento
e cento maschere e a mozzi frizzanti e gioiosi, che ti costringevano
a ridere e a scherzare, dimentichi delle naturali inquietudini
della vita. |
_
|
A
gruppi le maschere scorazzavano per le vie invase dalla
gente tra gli applausi, i coriandoli, i confetti e le mille
trovate di pupi sarcastici che alimentavano l'allegria e
la spensieratezza fino alla stanchezza.
Con l'inizio del nuovo secolo fece la timida apparizione
qualche carro sarcastico anche nel borgo nuovo, ma "lu
carru te lu Tidoru" continuò sempre ad imperversare
nelle stradine del borgo antico. Questa secolare tradizione
ebbe un poderoso rilancio dopo la fine della seconda guerra
mondiale, quando forse occorreva esorcizzare in qualche
modo lo scampato pericolo, ed opera della costituita "Associazione
Turistica pro Gallipoli" che volle organizzare nel
1954, dopo qualche timido tentativo, la prima grande
sfilata di carri allegorico - grotteschi, nella convinta
consapevolezza di dover incanalare nella prospettiva turistica
le intrinseche potenzialità espressive di tanti piccoli
artigiani ed imprenditori, che da sempre avevano avuto dimestichezza
con la cartapesta, la cui lavorazione aveva avuto precedenti
significativi ed esaltanti con Flora, Pantile e Scorrano.
L'esordio, se non esaltante, fu incoraggiante tanto da essere
ripetuto negli anni successivi con successo sempre sensibilmente
crescente, tale da non avere alla fine più rivali
in contesto salentino, e con un concorso di pubblico, nelle
due giornate di sfilate, sempre eccezionalmente altissimo,
con punte superiori anche alle 120.000 persone, assiepanti
l'arteria principale del Borgo Nuovo. |
_ |
|
|
>
Le Focareddhe
>
Carnevale
> Sant'Agata
>
Premio Barocco
>
San
Sebastiano |
|
|