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"Grande, grandissimo è il trasporto per le feste che
la popolazione osserva, conserva e si tramanda da generazioni,
sicchè la semplice citazione degli appuntamenti ludici della
gente con i tempi e i santi del ciclo annuale vale a delineare
il disegno del folklore di questa città rivierasca.
Intanto l'attesa e l'attrazione della festa sono una prova
evidente del bisogno di fuga dal reale, dall'isolamento,
dalla fatica e dalla stanchezza di vivere che il popolo
ha per instaurare rapporti che fuoriescono dal quotidiano,
per evadere dalla noia, per dimenticare l'assillo dei doveri,
delle scadenze e delle responsabilità.
La festa, le sue luci, i suoi rumori, le occasioni, gli
spettacoli, è un potente sedativo dei naturali controlli,
è un eccitante che stimola la curiosità, sprona il gusto
dell'avventura e accende il desiderio di tentare la fortuna
e di cedere all'edonismo, e la ricerca di siffatte evasioni
cui la gente di qui non rinuncia è un aspetto del suo essere,
ma anche un capitolo del patrimonio della sua civiltà.
Le date nelle quali quello spirito di vita e di trasgressione
si esprime sono diffuse a macchia di leopardo per l'intero
calendario.
A Capodanno, l'anno vecchio sotto forma di un fantoccio,(Galleria Fotografica)
abbigliato come il signore della buona società del tempo
andato, viene dannato al fuoco insieme con la valigia dei
giorni passati e le fiamme vengono appiccate anche il primo
giorno di Carnevale, che coincide con S. Antonio te
lu porcu, alle "focareddhe", a propiziare
la speranza dei nuovi raccolti.
Quando poi muore il Carnevale, che, un tempo, si esprimeva
in redazioni che a Gallipoli fecereo meritare il secondo
posto dopo Putignano nella graduatoria dei centri pugliesi
sensibili alle feste mascherate e ai cortei dei carri, si
fa grande compianto della maschera locale, lu titoru, che
è la parodia dell'uomo ordinario, di ogni giorno, di ogni
strada, mentre, a fine della Quaresima, si appicca
il fuoco alle caremme, che nepoti al Malladrone,
sono le megere devote delle astinenze ed amiche delle rinunzie
che, fino al giorno del rogo, sono state sospese su fili
tesi da un capo all'altro delle viuzze del centro antico
che, durante la settimana di Passione, partecipa con l'intensità
di una città spagnuola ai riti penitenziali che hanno il
loro clou nei cortei processionali degli oratori e delle
fratellanze loro.
Quando anche la Pasqua è passata, sono soltanto ricordi
le processioni che ai 19 di gennaio e ai 5 di febbraio
hanno portato in processione dalla Cattedrale e per gli
avvolti meandri del suo tessuto antico glia argentei busti
settecenteschi dei protettori Sebastiano ed Agata infiorati
e rutilanti di luci.
L'estate è ormai alle porte e la città comincia allora a
prepararsi a ricevere gli ospiti, quelli che vi tornano
a villeggiare e i visitatori nuovi.
Per la Stagione, la città vive il suo momento più euforico
e animato: i richiami allo svago sono tanti, dai bagni lungo
l'arenile che dagli alberghi si allunga fino a S. Giovanni,
alle occasioni e iniziative che sono intimamente legate
al mare, come la cuccagna sull'acqua che segna l'apogeo
della festa di S. Cristina (24 luglio) o come gli
spettacoli, tra la kermesse delle sagre provinciali e la
messinscena di notti mondane.
In settembre, i forestieri, non le belle giornate, lasciano
la città, che diventa la meta obbligata delle passeggiate
domenicali anche per gli abitanti dei centri vincitori.
Si gode degli ultimi tepori estivi, si pranza, si percorre
da un lato all'altro il corso Roma o, se si ha voglia di
fare più di quattro passi, ci si avvia per il lungomare
Galilei, un belvedere obbligato per godersi lo spettacolo
della pratica dei diversi modi della pesca, la fiacca che,
le notti di plenilunio, trasforma le immobili acque in un
firmamento di lampare, ciascuna delle quali naviga lentamente
per consentire di catturare al primo colpo la preda abbagliata
e fiocinata al modo stesso usato dai cacciatori per riempire
i carnieri.
Natale a Gallipoli arriva prima del canonico tempo di Avvento,
a S. Teresa, ai 15 di ottobre, quando un'orchestra
che gira ancor prima dell'alba per le deserte vie del centro
antico esegue sulle corde degli strumenti una delicata pastorale,
la cui trepida, estenuata musicabilità caratterizza le altre
esecuzioni, tutte antelucane, di quella nenia, in onore
di altre devozioni della pietà cittadina, per S. Cecilia
ai 22 di novembre, per S. Andrea 8 giorni dopo, per
l'Immacolata agli 8 di dicembre e, 5 giorni appresso, per
S. Lucia. Dalle funzioni di chiesa alle tradizioni di musica
eseguita per amor dell'arte, i riti natalizi finiscono per
penetrare anche nelle cucine, nelle quali la devozione impone
di interrompere i digiuni soltanto con serali pasti di magro,
di preparare per la mensa del grande giorno i piatti delle
tradizionali pietanze, di allestire zuppiere di pittule
al pomodoro, ai cavoli, a fettine di calamari e seppie,
alla minoscia, di trafficare con i più vari intingoli, tra
i quali gli involtini di carne degli 'mboti, e di aver pensiero
per la pasta reale, il latte di mandorla, la ricotta, la
cannella, il miele, per confezionare quei dolci senza i
quali, e non solo per i più piccoli, a Gallipoli non è Natale."
A.Costantini - M. Paone, "Schizzi e linee di folklore
della terra e del mare" da Guida di Gallipoli - La
città il territorio l'ambiente, pag. 82, Congedo Editore,
Galatina, 1992
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